A 45 anni il 30%, a 53 anni il 55%, a 60 anni l’85% delle donne presentano disturbi derivati dalla carenza ormonale locale. L’età media di sopravvivenza della donna italiana al momento arriva a 85 anni e con l’insorgenza della menopausa in media a qualche mese in più dei 50 anni, è esposta, dalla perimenopausa in poi, ad una diminuita produzione e attività biologica degli ormoni sessuali.
La mucosa vaginale, dell'uretra e della vescica in perimenopausa risentono velocemente della carenza ormonale, come succede nella donna con amenorrea ipogonadotropa (condizione a bassissima produzione estrogenica), anche in età giovanile. Le prime "sensazioni" di diversità della funzione sessuale e urinaria possono precoci, soprattutto in mancanza di rapporti sessuali. Ciò può verificarsi anche prima del periodo di un anno senza mestruazione che definisce la menopausa.
I disturbi urinari colpiscono 2 milioni di donne in Italia e ulteriore rilevanza hanno i sintomi di urgenza minzionale (fretta di urinare), di frequenza minzionale, nicturia (minzione notturna), infezioni urinarie acute e croniche recidivanti.
Anamnesi, Diagnosi e Terapia
Una anamnesi semplice nella donna in menopausa può aprire la discussione e far emergere quadri clinici diversi: dolore durante i rapporti sessuali, disturbo della minzione, facilità alle infezioni del basso tratto urinario, con frequenti cistiti e comparsa di cistiti emorragiche. Disturbi diversi che riconoscono come principale causa la carenza estrogenica.
La diagnosi circostanziata e la diversa gravità delle manifestazioni porta a necessità di terapie individualizzate, il numero di cicli terapeutici in funzione della efficacia della terapia e della latenza dell'effetto terapeutico.
Nel caso delle cistiti recidivanti il beneficio della terapia intravaginale con 17 beta estradiolo è evidente anche in donne molto anziane e allettate con un rapporto efficacia/tossicità ben superiore alla strategia di solo antibiotico a cicli, con possibili effetti debilitanti, sviluppo di allergie, resistenze batteriche sempre più pericolose, l'insorgenza di effetti collaterali gravi.
E' necessario riaffermare la sostanziale innocuità della terapia estrogenica con 17 beta estradiolo e l'efficacia terapeutica estesa anche al sistema urinario. La dimostrazione di un suo effetto in vitro sulla produzione di nuovo tessuto connettivale, in confronto con l'estriolo e un derivato della soia ne spiega la significativa funzione preventiva delle infezioni vescicali. La paura degli estrogeni non è giustificata se riferita a tale formulazione e dosaggio e la sua necessità appare evidente negli ambulatori della ginecologia specialistica. La bassissima percentuale di prescrizione della terapia ormonale locale in confronto alle realtà estere denuncia una sostanziale sottovalutazione del problema in Italia. E' opportuno altresì accompagnare la donna in tutte le fasi iniziali della terapia fino alla individuazione di uno steady state individualizzato, per procedere successivamente a terapie di mantenimento.
La disponibilità della molecola in compressa a lento rilascio evita l'utilizzo di eccipienti sgraditi come quelli dell'ovulo, che frequentemente irrita la vulva per la presenza di un costante "bagnato", che fuoriesce. Il dispositivo di applicazione unico e sterile a forma di "cannuccia" permette alla donna di non costringersi ad applicazioni che coinvolgano l'introduzione delle dita in vagina. Non essere una crema impedisce l'applicazione di un quantitativo eccessivo di prodotto, sempre esposto alla autoprescrizione con il rischio di sovradosaggi a rischio endometriale.
Tutela della funzione sessuale e urinaria
Se la menopausa fosse determinante principale dell'invecchiamento per l'essere uomo, la donna dovrebbe effettivamente assistere ad una morte più precoce del maschio, ma così non è. L'uomo vive in media 7-8 anni di meno. Non mi sembra esistenzialmente fondamentale, né ottica di medicina pubblica, pensare a prevenzioni ormonali per la popolazione femminile non a rischi specifici, per allungare la vita.
Tutelare la funzione sessuale urinaria e urinaria, vigilare sui sintomi uroginecologici, si pone invece come necessità di un rapporto ginecologo-paziente in età perimenopausale, che deve superare con empatia e curiosità, le difficoltà di comunicazione su problemi particolarmente intimi. Scoprendo così rapporti ritenuti inevitabilmente dolorosi, frequenti cistiti, disuria misconosciuta, che trovano un sollecito beneficio, dalla terapia estrogenica locale a livello vaginale.
Il medico di famiglia che è il primo contatto per una paziente anche per tali problemi, ha sempre avuto una forte ritrosia a somministare ormoni, sia per via generale che per via locale. I risultati degli ultimi studi epidemiologici sulla terapia sistemica hanno allarmato medici e pazienti in tutto il mondo, continuando a mantenere una paura prescrittiva, facilitando il "lasciamo fare alla natura" e un consumo bassissimo di terapia estrogenica anche a livello locale, a dispetto della larga diffusione dei disturbi uroginecologici, della efficacia della terapia e della tranquillità nel prescriverla anche a pazienti definite a rischio per la terapia ormonale somministrata per via generale.
La terapia estrogenica locale, invece, molto più della terapia per via generale, si propone come opzione terapeutica correlata a bisogni precoci, avvertiti e diffusi, attualmente ancora frequentemente nascosti, che richiede un tempo specifico in più per evocare il problema, procedere verso un'anamnesi specifica e accurata:
- richiedere informazioni su eventuali disagi o dolori durante i rapporti
- sulla eventuale riduzione della lubrificazione
- presenza di prurito e di bruciore vulvo vaginale
- di disturbi urinari
- alta frequenza urinaria e urgenza minzionale
- uso di terapie antibiotiche per infezioni del basso tratto urinario.
In Italia, dovrebbe essere il ginecologo consultoriale ad informare la donna delle problematiche connesse alla carenza estrogenica a livello urogenitale, sia nell'attività di routine, meglio se collegato ai progetti di screening cervicali e alle politiche di promozione della salute, come previsto all'interno del Piano Obiettivo Materno Infantile. Ma le risorse e il numero di consultori sono in diminuzione e non è previsto un progetto nazionale per migliorare la qualità della salute in relazione all'apparato genitourinario.
In caso di donne che hanno ritrosia ad andare dal ginecologo, inviate a forza dal medico di base, lo shock emozionale della visita, può rendere difficile l'emergere dei disturbi urogenitali, a meno che non siano già eclatanti o il motivo stesso della visita. Comunque l'allestimento di un set di domande per un'approfondito test delle condizioni urogenitali in menopausa è da fare, compatibilmente con il motivo principale della visita e il tempo disponibile, un parametro su cui, la medicina pubblica deve poter investire. In mancanza di tempo, nulla vieta di accennare al problema, per poterne riparlare ad un successivo controllo.
La visita può evidenziare un quadro di leggera ipotrofia, ma la diagnosi può arrivare più precocemente e precisamente dall'anamnesi con il tempo che sarà necessario. Altre volte durante il pap-test è difficile distendere la vagina con lo speculum, senza procurare dolore, evidenziando quadri drammatici.
Elemento determinante per la prescrizione di terapia estrogenica locale è la condizione in cui la donna si trova a livello urogenitale al primo accesso. Rispetto all'argomento, differenzio per schematizzare 5 diversi quadri obiettivi e sintomatologici; ognuno richiede l'individualizzazione del percorso diagnostico, differenziando anche l'eventuale provenienza vulvare del disturbo.